Pubblicato il 30/04/2016

Il Messaggero

Nel 2010, in occasione della visita in Italia del premier cinese Wen Jabao, il Messaggero mi chiese di scrivere un “pezzo” sulla cooperazione ambientale Italia-Cina.

“Gli investimenti puntano sulla Green Economy”, pubblicato il 6 ottobre 2010, raccontava i progetti realizzati e dava un’indicazione per il rafforzamento della cooperazione in particolare nei settori dell’energia e dell’innovazione. Cooperazione che ho continuato ad allargare durante il mio mandato ministeriale, in particolare avviando con il governo cinese la realizzazione della piattaforma sino-italiana per l’innovazione nelle tecnologie per l’ambiente e lo sviluppo sostenibile, e della piattaforma sino-italiana per la green economy.

Il governo cinese ha riconosciuto in molte occasioni i risultati di quel lavoro: nel 2004 sono stato insignito del prestigioso “International Scientific and Technological Cooperation Award of the People’s Republic of China” 2004; nel 2009 il premio Nobel Steven Chu, ministro dell’energia dell’Amministrazione Obama, ha presentato il nostro progetto nell’Università Tsinghua di Pechino come modello di riferimento per l’efficienza energetica nell’edilizia; nel 2013 in occasione dei meeting G8 e G20 i  Ministri cinesi hanno riconosciuto pubblicamente il contributo dell’Italia allo sviluppo sostenibile della Cina.

E nel 2014 un rapporto indipendente di PriceWaterscooperhouse ha certificato efficacia e successo di oltre 10 anni di cooperazione ambientale Italia – Cina.

Com'è possibile che il Messaggero del 24 aprile pubblichi un articolo dal titolo «Cene e convegni per 320 milioni. Così l’Italia aiuta il verde cinese?».

L’articolo interpreta una relazione della Corte dei Conti che da un lato riconosce esplicitamente il numero e il valore dei progetti di cooperazione, mentre dall’altro riporta considerazioni non documentate su una gestione descritta come “personalistica” e senza controlli delle risorse pubbliche. Forse la notizia giornalistica sta in questa contraddizione, ma evidentemente, nello scrivere l’articolo, si è dato maggior credito a certe vocine che alla relazione della Corte.